TRIBUNALE ORDINARIO DI MILANO 
                          Sezione V Penale 
 
    Il Giudice Anna Maria Zamagni, visti gli  atti  del  procedimento
nei confronti di: 
        V. E., nato a ... il ... elettivamente domiciliato presso  lo
studio dell'avv. Guido Camera del foro di Milano, difeso  di  fiducia
dall'avv. Marco Bisceglia del foro di Milano e dall'avv. Guido Camera
del foro di Milano, imputato per il delitto p. e p. dall'art. 590-bis
codice penale, perche', alla guida della ... targata ..., percorrendo
la via ... giunto all'incrocio con il corso ..., per colpa consistita
nella violazione dell'art. 145 CDS,  entrava  in  collisione  con  il
motoveicolo ..., targato ... (condotto da C. M. nato a ... il  ...  e
avente quale passeggera C. R.  M.,  nata  a  ...  il  ...)  facendolo
rovinare a terra e provocando alla C. R. lesioni personali, refertate
dai sanitari dell'Ospedale Maggiore -  Policlinico  con  prognosi  di
cinquanta giorni salvo complicazioni. Fatto accaduto in Milano, il 25
gennaio 2018. 
    Evidenziata la parte offesa in: 
        C. R. M. nata a ... il ... e residente a ...,  alla  via  ...
allo stato priva di difensore; 
    Ha pronunciato la seguente ordinanza. 
    Il Tribunale  ritiene  di  sollevare  questione  di  legittimita'
costituzionale del decreto legislativo 10 aprile 2018, n.  36,  nella
parte in cui non prevede la procedibilita' a querela  per  i  delitti
previsti all'art. 590-bis,  comma  1,  codice  penale,  poiche'  tale
omissione si pone in contrasto con i  principi  sanciti  all'art.  76
della Costituzione. 
    Si ritiene che  la  mancata  previsione  della  procedibilita'  a
querela per i delitti di cui al primo comma dell'art. 590-bis  codice
penale violi quanto disposto dall'art. 1, comma 16, lettera a)  della
legge delega del 27 giugno 2017, n. 103, che  assegnava  al  Governo,
entro il termine di un anno dalla sua entrata in vigore,  il  compito
di adottare decreti legislativi con cui «prevedere la  procedibilita'
a querela per i reati contro la  persona  puniti  con  la  sola  pena
edittale pecuniaria o con la pena edittale  detentiva  non  superiore
nel massimo a quattro anni, sola, congiunta o alternativa  alla  pena
pecuniaria, fatta eccezione per il delitto di cui  all'art.  610  del
codice penale, e per i reati contro il patrimonio previsti dal codice
penale, salva  in  ogni  caso  la  procedibilita'  d'ufficio  qualora
ricorra una delle seguenti  condizioni:  1)  la  persona  offesa  sia
incapace  per  eta'  o  per  infermita';  2)  ricorrano   circostanze
aggravanti  ad  effetto  speciale  ovvero  le  circostanze   indicate
nell'art. 339 del codice penale; 3) nei reati contro  il  patrimonio,
il danno arrecato alla persona offesa sia di rilevante gravita'». 
In ordine alla rilevanza della questione. 
    Nei confronti dell'imputato e' stato emesso decreto di  citazione
diretta  a  giudizio  di  fronte  al  giudice  del  dibattimento  del
Tribunale di Milano per il reato supra indicato. All'udienza  del  13
marzo  2019  il  difensore  dell'imputato  ha  chiesto  di  sollevare
questione di legittimita' costituzionale, riservandosi il deposito di
memoria. Il pubblico ministero si e' riservato di esprimere parere. 
    La difesa ha  depositato  memoria  in  data  1°  aprile  2019  e,
successivamente, con ulteriore atto in data 7 maggio 2019 copia della
Gazzetta  Ufficiale  n.  5/2019   da   cui   risulta   questione   di
costituzionalita' sollevata dal Tribunale di La Spezia. 
    All'odierna udienza il pubblico ministero si  e'  associato  alla
richiesta della difesa. 
    Le parti hanno prestato il consenso all'acquisizione al fascicolo
del dibattimento degli atti di indagine. Da tali atti emerge  che  il
sinistro, a seguito del quale la  persona  offesa  riportava  lesioni
personali, era stato determinato dalla condotta, certamente  colposa,
dell'imputato che in violazione dell'art. 145, decreto legislativo n.
285/1992 omettendo di dare  la  precedenza  al  motociclo  sul  quale
viaggiava quale trasportata la persona offesa, entrava in  collisione
con lo stesso causando la caduta a terra della persona offesa che  ha
riportato lesioni  giudicate  guaribili  in  giorni  cinquanta  salvo
complicazioni  per  «politrauma  con  fratture  facciali  multiple  e
contusione polmonare. Frattura chiusa  di  altre  ossa  della  faccia
contusione del polmone senza menzione di ferita aperta nel torace». 
    Emerge  infatti  dal  rapporto  di  incidente  stradale  e  dalle
sommarie  informazioni  dei   testimoni   oculari   che   l'imputato,
nell'immettersi con la propria autovettura dalla  via  ...  in  Corso
..., non rispettava il segnale di  dare  la  precedenza  e  andava  a
impattare con il motoveicolo ..., targato ... che stava  transitando,
facendolo rovinare a terra e  provocando,  a  seguito  dell'urto,  le
lesioni  personali  sopra  indicate  a  M.  C.  R.,  passeggera   del
motoveicolo. 
    Dalla ricostruzione operata dai vigili intervenuti nonche'  dalle
sommarie informazioni testimoniale emerge con certezza la sussistenza
del reato, attribuibile alla condotta colposa dell'imputato. 
    Attesa la prognosi certificata in atti le lesioni riportate dalla
persona offesa devono qualificarsi come lesioni gravi, ex  art.  583,
comma 1, n. 1 codice penale Il fatto e' dunque riconducibile sotto la
previsione di cui al primo comma dell'art. 590-bis c.p. 
    Detta disposizione punisce con la reclusione da  tre  mesi  a  un
anno chiunque cagioni  ad  altri  una  lesione  personale  grave  con
violazione delle norme sulla circolazione stradale.  Nel  caso  della
verificazione di lesioni gravissime a seguito di  incidente  stradale
la pena prevista e' da uno a tre anni di reclusione. 
    Tale reato  e'  procedibile  d'ufficio,  e,  pur  in  assenza  di
querela, sulla  base  dell'istruttoria  esperita  i  cui  esiti  sono
confluiti, a seguito del consenso delle parti, nel fascicolo  per  il
dibattimento, il  processo  non  potrebbe  che  concludersi  con  una
sentenza di condanna nei confronti dell'imputato. 
    Va tuttavia osservato che il delitto in esame rientra nel  novero
dei reati per i quali il legislatore delegante aveva richiesto che si
prevedesse il regime di procedibilita' a querela. 
    Se il legislatore delegato avesse dato attuazione alla delega, il
presente processo dovrebbe definirsi con una pronuncia di non doversi
procedere per difetto di querela. 
    Come emerge dal verbale di udienza del  13  marzo  2019  e  dalla
allegata mail inviata via PEC dal difensore della persona  offesa  M.
C. R. non ha sporto querela nei confronti del V. e che la stessa  non
ha inteso costituirsi parte civile nel  procedimento,  preferendo  la
persona   offesa   limitare   «le   proprie   pretese    risarcitorie
esclusivamente  nell'ambito  del  procedimento  civile   che   verra'
eventualmente proposto nei confronti delle assicurazioni». 
    Alla  luce  di  tutto  quanto  sopra  esposto  pare  evidente  la
rilevanza della questione. 
In ordine alla non manifesta infondatezza della questione. 
    Questo Tribunale ritiene che la questione sia non  manifestamente
infondata,  non  essendo  possibile  dare   alla   normativa   alcuna
interpretazione che sia compatibile con i principi costituzionali  in
materia di esercizio della funzione legislativa delegata in  capo  al
Governo. La corretta attuazione da parte del Governo dei  principi  e
dei criteri stabiliti  in  legge  delega  da  parte  del  legislatore
delegante costituisce un imprescindibile strumento  di  garanzia  del
principio  della  riserva  di  legge  sancito,  in  materia   penale,
dall'art. 25, secondo comma, Cost. 
    L'esercizio del potere legislativo  da  parte  del  Governo  deve
infatti costituire attuazione di quanto disposto in sede  di  delega,
che  costituisce   strumento   di   orientamento   e   di   indirizzo
dell'attivita' legislativa delegata. 
    Cio', per contro, non implica l'assenza  di  un  coefficiente  di
discrezionalita' in capo al legislatore  delegato,  che  puo'  essere
piu' o meno ampio in relazione al grado di specificita'  dei  criteri
fissati  in  legge  delega.  L'attivita'  del  legislatore  delegato,
tuttavia, deve inserirsi, in modo coerente,  nel  complessivo  quadro
normativo, rispettando la ratio della legge delega  (cfr.  ex  multis
sentenze n. 127 del 2017; n. 250 e n. 59 del 2016, n. 146 e n. 98 del
2015, n. 119 del 2013). 
    La giurisprudenza costituzionale chiarisce che il contenuto della
delega legislativa, e dei suoi principi  e  criteri  direttivi,  deve
essere identificato accertando il complessivo contesto normativo e le
finalita'  che  la  ispirano  (sent.  n.  276  del  2000),  cosi'  da
verificare se  la  norma  delegata  sia  ad  esse  rispondente  (cfr.
sentenze n. 261 del 1992 e n. 41 del 1993). 
    Deve quindi  procedersi  ad  individuare  i  principi  e  criteri
direttivi della legge delega del 2017, n. 103. 
    Con riferimento al decreto legislativo n. 38/2018,  pare  doversi
rilevare uno iato tra le previsioni della legge delega e  quelle  del
decreto legislativo di  attuazione,  in  quanto  la  chiara  volonta'
legislativa era quella  di  provvedere  alla  piu'  ampia  estensione
sistematica del regime di procedibilita' a querela,  fermi  i  limiti
espressamente enunciati all'art. 1, comma 16 della legge delega. 
    La legge n. 103 del 2017 ha infatti introdotto nel codice  penale
l'art. 162-ter, la nuova causa di estinzione del reato  per  condotte
riparatorie, in forza della  quale,  nei  casi  di  procedibilita'  a
querela  soggetta  a  remissione,  il   giudice   dovra'   dichiarare
l'estinzione del reato, sentite le parti e la persona offesa, qualora
l'imputato abbia riparato interamente, entro il termine massimo della
dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado,  il  danno
cagionato dal reato mediante risarcimento e restituzioni e ove  abbia
eliminato, se possibile, le  conseguenze  dannose  o  pericolose  del
reato. 
    Al comma 16, lettera a) dell'art. l, poi, la legge  assegnava  il
compito al Governo di adottare decreti legislativi con cui  prevedere
la procedibilita' a querela per i reati contro la persona puniti  con
la sola  pena  edittale  pecuniaria  o  con  la  pena  detentiva  non
superiore nel massimo a quattro anni, sola  congiunta  o  alternativa
alla pena pecuniaria, fatta eccezione  per  il  delitto  di  violenza
privata e per i reati contro  il  patrimonio.  Parimenti,  era  fatta
salva la procedibilita' d'ufficio al ricorrere di una delle  seguenti
condizioni: 1) l'incapacita' della persona  offesa  per  eta'  o  per
infermita'; 2) il ricorrere  di  circostanze  aggravanti  ad  effetto
speciale o delle circostanze indicate all'art. 339 del codice penale;
3) il ricorrere di un danno di  rilevante  gravita'  per  la  persona
offesa nei reati contro il patrimonio. 
    A fronte di cio', pare evidente che la delega andava nel senso di
allargare il novero delle fattispecie  incriminatrici  procedibili  a
querela in modo tale da consentire il piu' ampio impiego del  novello
meccanismo estintivo, dando la  massima  espansione  della  rilevanza
delle condotte riparatorie a fini deflattivi  e  esprimendo  il  piu'
grande favore verso i meccanismi conciliativi. 
    Il legislatore delegato ha per converso  optato  per  una  scelta
minimale, esercitando in maniera frazionata  la  funzione  normativa,
che pero' si e' risolta in un potente ridimensionamento della materia
oggetto di delega. 
    Questi infatti, come si e'  visto,  ha  omesso  di  prevedere  la
procedibilita' a querela dei delitti di cui all'art.  590-bis,  comma
1, codice penale, senza alcuna distinzione in ordine alle  condizioni
della persona offesa, cio' nonostante si  tratti  di  fattispecie  di
reato autonoma, in assenza cioe' di aggravanti  ad  effetto  speciale
come invece le ulteriori ipotesi previste dalla medesima norma, e  la
cui pena rientra nei limiti di cui alla delega. 
    Tale mancata previsione ha  costituito  oggetto  di  una  precisa
scelta da parte del Governo, come emerge dalla Relazione illustrativa
al decreto legislativo n. 36 del 10 aprile 2018. 
    Il  legislatore  delegato,  come  si  evince  a  pagina  7  della
Relazione illustrativa, ha infatti giustificato il  mantenimento  del
regime di procedibilita' d'ufficio con la necessita'  di  preservare,
nelle fattispecie criminose di cui all'art. 590-bis,  primo,  quarto,
quinto e sesto comma, la posizione della persona offesa in condizioni
di incapacita'. A parere  del  legislatore  delegato,  quindi,  anche
nell'ipotesi di cui al primo comma dell'art. 590-bis  codice  penale,
la persona offesa, avendo subito una  lesione,  verserebbe  per  cio'
stesso in una situazione di  invalidazione  temporanea  e  dunque  di
infermita'. 
    Tale assunto non puo' in alcun modo essere condiviso. 
    Deve   infatti   ritenersi   che   il   legislatore    delegante,
nell'indicare le condizioni di incapacita' per eta' o per  infermita'
della persona offesa come ostative alla trasformazione del regime  di
procedibilita' da quello officiale a  quello  a  querela,  intendesse
riferirsi, ragionevolmente, a tutti quei casi in cui le condizioni di
incapacita'  della  vittima  preesistano  rispetto  al  comportamento
criminoso.  Depone  in  tal  senso  anche  il  parere  della  Seconda
Commissione sullo Schema di decreto legislativo recante  disposizioni
di modifica della disciplina del regime di procedibilita' per  taluni
reati. 
    A parere di questo  Tribunale  non  e'  possibile  parificare  le
situazioni di soggetti che gia' prima della commissione del reato  si
trovavano in uno stato di incapacita' (per minore eta' o  infermita')
e quella di soggetti vittime di sinistri stradali che hanno riportato
lesioni gravi o gravissime a seguito dell'incidente medesimo. Non  vi
e',  infatti,  immediata  e  ineludibile  correlazione  tra  l'essere
vittima di incidente e  versare  in  uno  stato  di  incapacita'  per
infermita', in quanto nella normalita' le lesioni riportate a seguito
di un impatto tra (o con) veicoli in nulla compromettono la capacita'
di autodeterminazione consapevole della vittima. 
    La diversa  gravita'  e  il  minore  allarme  sociale  che  desta
l'ipotesi di cui al primo comma dell'art. 590-bis, a differenza delle
ulteriori ipotesi aggravate  previste  dalla  norma,  avrebbe  dovuto
condurre il legislatore delegato a ricomprendere tale fattispecie nel
novero dei reati procedibili a querela, come evidenziato peraltro nel
parere del 6 dicembre 2017 della Seconda Commissione sullo schema  di
decreto legislativo. 
    Si tratta infatti di quei casi di incidenti stradali che  possono
ordinariamente prodursi nella quotidiana circolazione  stradale,  che
si qualificano per un profilo di colpa generica, di violazioni  lievi
delle norme sulla circolazione stradale e  che  sono  prive  di  quel
peculiare disvalore  che  caratterizza  le  condotte  di  guida  piu'
azzardate e pericolose per gli utenti della strada. 
    Per tali casi e'  previsto  l'obbligo  di  assicurazione  per  la
responsabilita' civile derivante da circolazione stradale, al fine di
contemperare le esigenze risarcitorie delle vittime e il  diritto  di
non  subire  un  pregiudizio  penale  o  patrimoniale   di   chi   ha
involontariamente cagionato l'incidente medesimo. 
    Il Tribunale osserva che i casi concretamente  sussumibili  sotto
il primo comma dell'art. 590-bis codice penale  costituiscono  dunque
ipotesi in cui l'interesse del  privato  e'  quello  a  ottenere  una
spedita definizione del procedimento e a conseguire il dovuto ristoro
per le conseguenze dannose subite. 
    Subordinare  le  esigenze   risarcitorie   della   vittima   alla
celebrazione  del  procedimento  penale  non  frustra  soltanto   gli
interessi  della  persona  offesa  ma  si'  risolve  altresi'  in  un
irragionevole dispendio di risorse processuali. 
    In  conclusione,  pare  che  la   persistenza   del   regime   di
procedibilita' d'ufficio anche per l'ipotesi di cui  al  primo  comma
dell'art.  590-bis  codice  penale,  ove  la  vittima  non  versi  in
condizioni di incapacita', si  ponga  in  contrasto  con  i  principi
ispiratori della legge delega, vanificando le esigenze  deflattive  e
di immediato ristoro  del  bene  leso  che  costituiscono  i  criteri
ispiratori  dell'introduzione  dell'ari  162-ter  c.p.,  confliggendo
peraltro con i principi che hanno costituito il fondamento  dei  piu'
recenti interventi legislativi, quali ad esempio la  sospensione  del
procedimento con messa alla prova, il proscioglimento per particolare
tenuita' del fatto ex art. 131-bis del codice penale, e la  procedura
estintiva delle contravvenzioni  ambientali  ex  art.  318-bis  Testo
unico  ambiente,  istituti  tutti  volti  a  deflazionare  i  carichi
giudiziari  e   a   raggiungere   gli   obiettivi   di   composizione
extraprocessuale dei conflitti. 
    In forza di tutto quanto sopra esposto, si ritiene che il decreto
legislativo 10 aprile  2018,  n.  36,  si  ponga  in  violazione  dei
principi espressi dall'art. 1, comma 16, lettera a), della  legge  27
giugno 2017, n. 103, nella  parte  in  cui  omette  di  prevedere  la
procedibilita' a querela anche per il fatto di cui all'art.  590-bis,
comma 1, codice penale commesso ai danni di persone che non rientrino
nelle categorie di cui all'art. 1, comma 16, lettera a), in quanto in
contrasto con l'art. 76 della Costituzione.